Alzi la mano chi, in un momento di sclero, non ha mai urlato contro se stesso “Ma sono proprio un deficiente!”? E chi invece si ripete spesso e volentieri “Non sono in grado, non sono capace”?
Eh sì, miei cari, vedo frotte di mani alzate, alcuni di voi le hanno tirate su entrambe, oh… anche io eh, mica sono un super eroe.
Dai, ammettiamolo candidamente. Noi siamo i peggiori critici di noi stessi. Siamo giudici ferrei e inflessibili pronti a puntare il dito contro ogni nostro minimo, non dico errore, ma disattenzione, inciampo, défaillance.
L’essere umano ha una passione viscerale per il giudizio, la critica, la sentenza. Ma oggi voglio affrontare di petto un tema ancora più spinoso, una lotta contro le nostre credenze limitanti che ci portano, praticamente ogni giorno, ad essere il miglior nemico di noi stessi: il giudizio interiore.
Cos’è il giudizio interiore?
Quella vocina che, vestita a metà tra arbitro e censore, passa le giornate a valutare, criticare o approvare ogni nostro pensiero, azione, domanda.
E spesso cosa fa? Approva e appoggia? Mhm… magari all’esterno, ma dentro nel nostro cuoricino o tra le nostre sinapsi, quella vocina ha quasi sempre un tono accusatorio e parole poco tenere per noi.
Il nostro obiettivo è dirigerci a piccoli passi verso l’assenza di giudizio. Attenzione, non significa abbandonarsi ad una filosofia del “chissenefrega vale tutto”, ma semplicemente provare a toglierci quella spada di Damocle che teniamo affilata e lucente sopra le nostre teste.
Il giudizio è dentro di noi, un elemento inevitabile che ci accompagna nel nostro percorso, ma possiamo allenarlo e trasformarlo da nemico giurato a potente alleato.
L’etimologia del giudizio
La parola “giudizio” risale al latino “iudicium”, che deriva a sua volta da “iudex” (giudice).
- “Iudex” è composto da:
- “ius” = diritto, legge
- “dicere” = dire, pronunciare
Quindi, “iudex” significava letteralmente colui che pronuncia la legge, ovvero il giudice, mentre “iudicium” indicava l’atto di emettere una sentenza, una valutazione o un’opinione su qualcosa o qualcuno.
Anche se l’origine di questa parola non ci lascia a bocca aperta, provando a leggere tra le righe notiamo che si tratta di vocaboli forti, netti, decisi. Emettere, sentenza, valutazione. Non è forse quello che il giudizio interiore fa con noi? Arriva spesso in maniera tosta, dritta e assoluta.
Il potere del giudizio interiore
Il giudizio interiore è quel dialogo interno attraverso cui valutiamo noi stessi, le nostre azioni, pensieri ed emozioni. È una forma di auto-valutazione costante che influisce profondamente sulla nostra autostima, sul nostro benessere psicologico e sulle nostre relazioni.
Fermiamoci un attimo. Avete capito la portata di questa definizione?
Analizziamola insieme:
- Un dialogo — quindi ci siamo noi e la vocina. Non voglio dire l’angioletto e il diavoletto, ma ci sono due protagonisti
- Valutiamo noi stessi — azioni, pensieri, emozioni, quindi tutto
- Auto-valutazione costante — I due protagonisti non la smettono mai di giudicarsi
- Influisce profondamente — su benessere, autostima e relazioni
Stiamo parlando di uno degli strumenti più potenti e allo stesso tempo potenzialmente pericolosi che noi esseri umani abbiamo a disposizione.
Le 5 caratteristiche del giudizio interiore
1. Standard personali
Il giudizio si basa su parametri SOGGETTIVI che usiamo per misurare il nostro valore o quello delle nostre azioni. Ripetiamo, soggettivi, non sono la realtà, ma è la nostra personale interpretazione.
2. Confronti continui
Il giudizio mette sempre in prospettiva noi rispetto a qualcosa altro. Spesso fa paragoni con gli altri — sempre migliori e fenomeni secondo noi — e altre volte fa paragoni con una versione idealizzata di noi stessi.
3. Autocritica
Una cosa in cui siamo dei veri numeri uno è la tendenza a evidenziare i nostri difetti e a svalutare le nostre qualità e i nostri successi. Quante volte consideriamo banale e senza meriti una cosa che abbiamo ottenuto o raggiunto e pensiamo sia normale?
Per esempio, quando faccio sessioni di coaching mi congratulo con i miei clienti per i risultati ottenuti, o per la capacità di aprirsi e riflettere su se stessi o ancora per avere avuto la forza di affrontare tematiche spinose. E spesso, quando faccio notare loro queste cose mi guardano con una faccia sicuramente felice, ma anche un po’ dimessa come per dire “vabè…non è che ho fatto chissà cosa”. E invece sì che l’hanno fatta.
4. Assenza di contesto
Ogni nostro traguardo diventa automaticamente una piccola inezia. Ogni inezia degli altri è un incredibile traguardo. Oltre a paragonarci agli altri, tralasciamo completamente il contesto di ciò che giudichiamo.
Vi faccio un esempio. Alle medie partecipai ai 60 metri di corsa per i giochi della gioventù e arrivai 13esimo, che tutto sommato… non era malaccio. Ma, siccome ero sempre stato veloce (tra tante virgolette) mi chiesi come mai gli altri mi avessero bruciato e mi giudicavo un corridore di serie B, se non C.
Quello che mi mancava era lo sguardo sul contesto. Alcuni dei ragazzini più veloci giocavano a calcio e si allenavano 3 volte a settimana, altri erano già sviluppati con corpi il doppio del mio, etc. Non ero io a esser scarso, ma loro più forti di me per ragioni oggettive. Più che criticarmi avrei dovuto chiedermi, cosa posso fare per migliorare.
5. Infallibilità e arroganza
Se ci avete fatto caso, il nostro giudice interiore ha sempre ragione, non sbaglia mai e quando esprime le sue conclusioni lo fa sempre in modo negativo, inconfutabile e insopportabile.
Quando mai ci siamo detti “eh questa cosa potevi farla meglio”? Quasi mai… di solito parte subito “Sei proprio un cretino!!!” Un vero arrogantone questo giudizio interiore, vero?
Giudizio vs. Critico Interiore
Facciamo una piccola differenziazione tra Giudizio e quello che la psicologia chiama Inner Critic, ovvero il critico interiore.
In teoria, il giudizio dovrebbe e potrebbe essere sia positivo che negativo — ci sono persone che hanno grande stima di se stessi e, anzi, spesso si giudicano meglio di ciò che sono. Dall’altro lato l’inner critic non lascia scampo. È il diavoletto che ci buca le chiappe con il suo tridente appuntito.
Le 4 maschere del critico interiore
E in base alla nostra storia e alla nostra vita, il diavoletto può assumere 4 diverse trasformazioni:
Il perfezionista
Sei arrivato secondo al concorso per diventare insegnante di ruolo? Beh, potevi arrivare primo. Secondo lui, se non fai tutto alla perfezione hai fallito.
Il sabotatore
“Ma no no, non ci provare nemmeno che poi magari finisci male”. Ti spinge a non prendere rischi per paura del fallimento.
Il colpevolizzatore
“Eh… ti ricordi di quando sei caduto in bici e hai rovinato la macchina del babbo? Sei proprio un disastro”. Farti sentire in difetto e costringerti a rimuginare sul passato è il suo hobby preferito.
Il comparatore
Sei sempre più scarso degli altri. C’è sempre qualcuno meglio di te.
Perché siamo così bravi a giudicarci?
Ma perché siamo tutti in prima linea per sparare non sulla croce rossa… ma su noi stessi?
1. L’infanzia
Gran parte è responsabilità di noi genitori che diamo un imprinting mentale ai nostri figli e li cresciamo a pane, amore e piccoli grandi traumi psicologici. Quello che ho scoperto da quando sono padre è che i figli assorbono come panni vileda appena aperti e anche se noi non gli insegniamo o non gli diamo esempi specifici negativi, loro prenderanno delle cose di noi. Belle e anche brutte.
Ci sono persone che conosco a cui i genitori non perdonavano nulla. “Hai preso 8, e gli altri?”, “Hai preso 9? Quindi non hai preso 10”, “Ti sei fatto fare 3 goal? Sei scarso” o peggio ancora… “è tutta colpa tua”.
2. Esperienze negative
Ai mille fattori che già ci condizionano noi ci aggiungiamo le nostre naturali e normali sconfitte, fallimenti, passi falsi — tutte parole negative usate dal nostro Inner Critic — che ci fanno pensare di essere delle nullità e rafforzano il senso critico verso noi stessi.
3. Modelli sociali
Non per cavalcare un trend, ma se apro Instagram e sono tutti belli, magri, tra poco anche abbronzati e in giro per il mondo, io mi sentirò un po’ uno sfigato no? Sì sì, lo sappiamo che Instagram è una app-parenza però siamo umani e ogni tanto ci facciamo fregare. Per non parlare dei ragazzini che non hanno gli strumenti per discernere tra verità e modelli sociali irrealistici.
Oltre ai social, i modelli sociali si presentano ogni giorno. Quello ha la macchina più grossa della mia, sarà ricco e io fallito. Quella ha 5 anni in meno di me, ma è già il mio capo. Sono scarso. E potrei andare avanti all’infinito.
Cosa dice la scienza sul giudizio interiore
Parliamo di scienza! Vi riporto due studi molto importanti, ma che ci regalano speranza e fiducia.
Il primo. Kristin Neff, psicologa statunitense nel 2003 ha condotto ricerche sull’autocompassione, dimostrando che le persone che giudicano se stesse con durezza tendono ad avere livelli più alti di ansia e depressione, mentre quelle che sviluppano autocompassione sono più resilienti.
Tre anni dopo nel 2006 Carol Dweck, un’altra psicologa americana, ha introdotto il concetto di mindset fisso vs. mindset di crescita: ovvero chi si giudica in modo rigido e negativo fatica a migliorare, mentre chi vede le proprie capacità come sviluppabili affronta le sfide con più determinazione.
Sentito? C’è speranza nel nostro futuro di giudicatori seriali!
Da giudizio a valutazione: un preambolo importante
Prima ho parlato di assenza del giudizio che è una componente fondamentale nel coaching, che noi coach facciamo nostra e utilizziamo per ascoltare e accogliere tutto ciò che ci arriva dal cliente.
Quando invece ci riferiamo a noi stessi, è impossibile diventare asettici e non avere giudizi, ma possiamo trasformare questa voce giudicante in una serie di valutazioni.
Come abbiamo visto, giudicare significa esprimere pareri soggettivi, mentre valutare significa considerare tutti gli elementi oggettivi e fare, appunto, una valutazione. Poi noi la prenderemo e decideremo cosa farne. Non c’è negatività, accusa, senso di colpa, ma invece c’è apertura, confronto e soprattutto materiale per comprendere e impegnarsi a migliorare.
5 strumenti per trasformare il giudizio interiore
1. Cambia il tuo mindset
La prima cosa da fare è appunto cambiare il nostro mindset da critico ad analitico.
Prendere coscienza di noi stessi e di ciò che facciamo, aprire la nostra mente alla possibilità che esista altro oltre all’autoaccusa.
Ho passato un weekend faticoso e il lunedì mattina non riesco a scrivere l’ultimo episodio del podcast. Prima avrei detto “Sto perdendo tempo, sono un somaro, dovevo organizzarmi meglio”. Ora posso dire: “Ok, mi manca l’energia e l’ispirazione. Può succedere. Cosa posso fare per evitare che ricapiti? E cosa posso fare oggi che mi faccia sentire meglio?”
È un cambio che sembra complesso, ma fidatevi è semplice e trasforma la notte in giorno. Quando ho iniziato a fare il master in coaching ho sin da subito capito che l’assenza di giudizio che dovevo avere verso i miei clienti poteva essere una super alleata nella mia vita, anzi di più, una vera svolta.
Da quel momento ho cominciato ad ascoltarmi, capirmi e lavorare per non criticarmi e trasformare il giudizio in azioni concrete. Non ho fatto esattamente nulla di pratico — tipo diari, mantra, esercizi — se non decidere che avrei cambiato atteggiamento e… sta funzionando alla grandissima. Quello che mi ha aiutato è stato vedere i risultati fin da subito. Cambiamo il mindset e i benefici arriveranno in un attimo!
2. Concentrati sui tuoi punti di forza
Un’altra cosa che mi ha insegnato il coaching è che troppo spesso ci concentriamo sui nostri difetti. È dimostrato che è molto più semplice migliorare qualcosa di positivo che provare a invertire la tendenza in qualcosa di negativo.
Certo abbiamo difetti e ci dobbiamo lavorare, ma per acquisire fiducia in noi stessi e provare ad accantonare un po’ il nostro giudizio possiamo concentrarci sui nostri punti di forza.
Per esempio nei colloqui di lavoro che ho fatto negli ultimi anni della mia vita markettara io dichiaravo a gran voce: “Sono molto bravo a fare questo e questo” — e davo delle motivazioni — e “sono meno bravo” — attenzione, non dicevo scarso — “a fare questo e quest’altro”.
Tutti abbiamo pregi e difetti, offriamo al mondo il nostro lato migliore e saremo — noi per primi — meno interessati alle nostre debolezze!
3. Fai attenzione al linguaggio
Tema che mi appassiona molto, le parole hanno un ruolo, un peso, una potenza che spesso sottovalutiamo. Come prima, dire “sono scarso” è molto più duro e negativo che descriversi come “posso migliorare”.
Le parole scatenano reazioni chimiche nel nostro cervello che portano a comportamenti e ragionamenti differenti. Diventare maestri di parole richiede tempo e costanza — io ci sto lavorando da tempo e so che la strada davanti a me è lunga — ma è fondamentale per definire la realtà in maniera più corretta e per renderla più in linea con noi stessi, anzi con quello che vogliamo.
4. Celebra i tuoi successi (senza sminuirli)
Perché quando gioco a padel mi infurio se sbaglio una volee facile e non mi gaso quando chiudo un bel punto? Beh oddio per alcuni recuperi mi gaso, ma vabè sono più bravo a urlarmi addosso… avete capito il punto no?
Siamo fenomeni nel criticare, ma schiappe nel celebrare. Questo perché non riusciamo a vedere la grandezza delle nostre azioni. Grandezza non sempre e non per forza nel senso della misura, ma anche nelle piccole cose.
Dopo un mese che mi alleno per riuscire a costruire una casa di carte, finalmente chiudo il quinto piano. Ok poi al sesto magari cade, ma non sono una nullità. Sono quello che con determinazione e precisione ha costruito 5 piani!
5. Ricorda: gli altri sono come noi
Gli altri sono come noi, hanno problemi, insicurezze, dolori, una vita intensa e complessa. È facile pensare che l’erba del vicino è sempre più verde e il mondo fuori da noi vive nel Nirvana senza preoccupazioni o scocciature, ma non è così.
Io l’ho capito a 21 anni e onestamente mi ha cambiato la prospettiva. Avevo un gruppo di compagni di università molto ricchi, in particolare uno figlio di un imprenditore di grande successo, una fidanzata bellissima e innamorata, sempre il sorriso sulla faccia e mai un ricciolo di nervosismo. Oh onestamente lo invidiavo e pensavo “lui sì che fa la bella vita”.
Poi un pomeriggio a casa sua stavamo parlando e lui — senza confidarsi ufficialmente — però inizia a parlare di alcuni suoi problemi, cose anche diciamo pesanti e svela una realtà diversa da quella che si vedeva da fuori.
In quel momento ho proprio avuto il colpo di fulmine, ho capito che siamo tutti uguali, che non dovevo guardare gli altri pensando fossero eroi, fortunati o divinità, che io avevo le mie cose belle e brutte e gli altri pure.
Un’avvertenza importante
Come brevemente anticipato, ammorbidire il giudizio, addolcire la nostra vocina interiore non significa che qualsiasi cosa facciamo va bene.
È un attimo che da — “non fermarti neanche 5 minuti se no sei un loser” — passiamo a… “non faccio un tubo per una settimana”. Mi raccomando non prendiamo questo approccio e lo trasformiamo in lassismo, nullafacenza e “andrà tutto bene tanto io non mi giudico”. So che siete sempre sul pezzo, quindi avvertenza finita.
Conclusione: dal critico al mentore
Con questi 5 approcci molto semplici e molto potenti possiamo trasformare il nostro criticone interiore in un saggio mentore che ci osserva e ci dà i consigli giusti… incluso, a volte, bacchettarci. Sì perché non è che ci meritiamo solo complimenti, a volte anche una bella tirata d’orecchie ha la sua grande utilità.
Sono sicuro che ora siamo tutti pronti a tenere a bada il nostro giudizio interiore e a lavorare a piccoli passi per migliorare il nostro approccio verso noi stessi.
A me non resta che ringraziarvi per la bontà del vostro giudizio nel scegliere di leggere questo articolo fino alla fine!
E ricordatevi che ogni traguardo, ogni obiettivo inizia con un piccolo passo e tanto allenamento!